Temperatura percepita, facciamo chiarezza

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By paolo

Parlare di temperatura percepita crea sempre qualche problema, è dunque necessario chiarire il concetto in vista della stagione estiva, calda o fredda che sia (ne abbiamo iniziato a parlare in questo articolo). Bisogna, innanzitutto, chiarire che la cosiddetta “temperatura percepita” non esiste, o quantomeno non nei termini in cui viene comunemente intesa.

Si dovrebbe piuttosto parlare di un parametro che va correttamente sotto il nome di “indice di calore” o “sensazione termica; si tratta, dunque, di una sensazione e non di una reale temperatura. I parametri in gioco sono la temperatura dell’aria, l’umidità relativa e la velocità del vento. Mettendo in rapporto tali fattori, otteniamo indici di comfort o discomfort.

Facciamo, però, un passo indietro e vediamo come sono nati tali indici. Durante la guerra del Vietnam si era notato come gli equipaggi “scramble” , vale a dire pronti a partire su allarme, che attendevano all’interno degli aerei, erano in qualche caso soggetti a malore per le temperature elevate. Il Dr. Steadman fece alcuni studi e rilevò come i malori fossero più frequenti in caso di umidità elevata.

Il Dr. Steadman elaborò un algoritmo, cioè un piccolo calcolo che teneva conto della temperatura e dell’umidità per segnalare se quella temperatura era “pericolosa” o meno e pensò che il modo migliore fosse quello di indicare una temperatura “virtuale che fosse più bassa di quella reale in caso di bassa umidità, per segnalare che si sopportava meglio, o più alta di quella reale, in caso di umidità elevata, per segnalare il maggior pericolo.

Dopo questo breve excursus storico, vediamo nella pratica di cosa si tratta e come si applicano tali indici. Bisogna innanzitutto dire che ci sono indici estivi ed indici invernali. I parametri di quelli estivi sono la temperatura e l’umidità, mentre in quello invernale entra anche la velocità del vento.

Per quanto riguarda l’indice estivo, chiamato anche indice humidex o heat index, la “temperatura percepita” sarà maggiore di quella “reale” all’aumentare del’umidità. Come possiamo vedere dalla tabella seguente già con una temperatura di 24°C se l’umidità risulta molto alta, il discomfort sarà elevato e proveremo una sensazione simile a quella provata realmente se ci fossero 34/35°C.

Indice humidex

Per l’indice invernale, invece, il discorso è un po’ diverso. La tabella maggiormente usata è quella che mette in relazione la temperatura e la velocità del vento (espressa in nodi), anche noto come indice wind chill. Come visibile dalla tabella, con una temperatura di 0°C ma un vento piuttosto sostenuto, la temperatura percepita scende velocemente al di sotto dello zero, arrivando fino ai -10/-12°C in caso di venti superiori ai 100km/h, situazione non rara soprattutto in montagna.

Indice wind-chill

Per quanto riguarda l’indice invernale, però, influisce negativamente sulla percezione della temperatura anche l’umidità. In questo caso non abbiamo una tabella che ci indica la temperatura percepita, ma una che fornisce solamente l’indice di disagio. Tale tabella è stata redatta dal ricercatore K. Scharlau.

sch3

In questa tabella, per ogni valore di umidità relativa, viene indicato il valore limite di temperatura dell’aria al di sotto del quale, in assenza di vento, l’organismo umano prova disagio per la presenza di condizioni igrotermiche sfavorevoli.

L’indice di Scharlau per il disagio invernale è valido solo per valori di umidità relativa superiori al 40% ed è sensibile in un intervallo di temperatura compreso tra -6°C e 5°C. Al di fuori di tale intervallo, anche al variare dell’umidità relativa, l’indice attribuisce sempre i valori estremi della classificazione, cioè “benessere” per temperature superiori a 5°C e “disagio intenso” per temperature inferiori a -6°C.

Staff MeteoinMolise